La società di Cupertino conserva i dati per 30 giorni e, in caso di ingiunzione, può consegnarli alle forze dell’ordine. Ma registra solo gli utenti con cui abbiamo cercato di comunicare
Era il 2013 quando si scoprì che Apple – insieme agli altri big del web – faceva parte di un programma di sorveglianza della National Security Agency che aveva accesso alle informazioni degli utenti. Scoppia lo scandalo Datagate e la società di Cupertino prende provvedimenti e un anno dopo, con il sistema operativo iOS 8, rende inviolabili i suoi device. Nessuno, neanche i suoi tecnici, possono accedere (o condividere) ai dati sensibili dei clienti perché il contenuto delle conversazioni di Facetime o iMessage è protetto da una crittografia end-to end, così come le localizzazioni, le ricerche di Map e le richieste fatte a Siri.
Contatti, data, ora e posizione
Tutto vero, tanto che Apple è finita a scontrarsi con l’Fbi quando a dicembre gli è stato chiesto di creare una backdoor per accedere all’iPhone di uno dei terroristi della strage di San Bernardino. Cupertino si rifiuta e difende con le unghie e coi denti la privacy dei suoi utenti. Ma un report di The Intercept ha svelato che, se è vero che i testi dei messaggi sono criptati, la Mela invece può sapere con chi stiamo anche solo cercando di parlare su iMessage. Quando scriviamo a qualcuno, l’app automaticamente si collega ai server dell’azienda per verificare che il nostro interlocutore abbia un account. Apple può quindi vedere a chi stiamo provando a scrivere, a prescindere dal fatto che questa persona sia iscritta oppure no. Ad essere registrati sono anche la data, l’ora e l’indirizzo IP, che può contenere informazioni sulla posizione degli utenti. I dati raccolti sono conservati per 30 giorni e poi cancellati.
Tentativi di contatto sì, contenuti no
Le notizie raccolte dal sito The Intercept arrivano da un documento chiamato «iMessage FAQ for Law Enforcement», contenuto in una più ampia cache interna al Florida Department of Law Enforcement’s Electronic Surveillance Support Team, un’agenzia di Stato che aiuta la polizia nella raccolta di dati. Il testo svela anche che Apple può consegnare qualunque di questi dettagli a sua disposizione se richiesto legalmente da un’ingiunzione o un mandato di comparizione. Significa che, in caso di indagini in corso, le forze dell’ordine hanno la possibilità di acquisire una lista di ogni persona o attività che un possessore di iPhone abbia recentemente considerato di contattare. Apple risponde con una dichiarazione: «Quando le forze dell’ordine ci presentano una valida ingiunzione, consegniamo le informazioni richieste che sono in nostro possesso. Lavoriamo a stretto contatto con loro per fargli comprendere quali dati possiamo fornire e chiarire che non possiamo fornire nessun contenuto delle conversazioni o prove che una comunicazione sia davvero avvenuta».